La pietà filiale nella cultura cinese: parte 1

Per poter comprendere la cultura e la società cinese è fondamentale comprendere la famiglia cinese. La famiglia in Cina non era solo un’unità sociale, ma rappresentava un’intera ideologia codificata che permeò lo stato e la società per migliaia di anni. Gran parte delle differenze tra il pensiero cinese e quello occidentale possono essere comprese soltanto dal punto di vista dell’unicità del ruolo che la famiglia riveste nella cultura cinese.

Indubbiamente, il pilastro della struttura familiare cinese era il concetto di pietà filiale. In cinese, la pietà filiale viene espressa con il carattere 孝(xiào), formato da una parte superiore e una inferiore. La prima parte deriva dal carattere 老 (lǎo), che significa “vecchio”; la seconda dal carattere 子 (zi), “bambino”. Il significato del carattere xiào può essere interpretato in modi diversi:

La pietà filiale era un valore fondamentale nella cultura cinese tradizionale. La sua importanza andò ben oltre a quella del comandamento biblico “onora tuo padre e tua madre”. La pietà filiale era ed è tuttora un valore basato su rigorosi principi di gerarchia, dovere e obbedienza. Non è un’esagerazione affermare che rappresentava il fondamento stesso della struttura gerarchica della famiglia cinese e pertanto della società cinese nella sua interezza. Questo non significa che l’idea della pietà filiale non sia cambiata nel corso dei secoli o che i bambini siano filiali in ogni occasione. Tuttavia è necessario comprendere il significato di xiào, le sue origini e in che modo è stato esercitato in passato, prima di poterne esaminare le eccezioni e i cambiamenti.

Il Confucianesimo, incluso quello classico e quello sotto la dinastia Han, fornì una visione dell’universo e dell’ordine sociale che giustificava il sistema familiare patrilineare, patrilocale e patriarcale. L’enfasi confuciana sui doveri verso gli antenati patrilineari e l’esaltazione della pietà filiale contribuirono a generare un ordine morale nel quale le famiglie erano essenziali per quanto riguardava l’identità umana e il sistema familiare strutturato in modo gerarchico, così che gli uomini e le generazioni precedenti avessero un notevole potere sulle donne e sulle nuove generazioni. (Ebrey 2003, pp. 11-12).

La predominanza dei doveri filiali è ampiamente messa in risalto dal seguente detto cinese: “Di tutte le virtù, la pietà filiale è la prima” (百善孝為先 - bǎi shàn xiào wèi xiān).

CIBO, OBBEDIENZA, SACRIFICIO: L’ETICA DELLA PIETÀ FILIALE

Il concetto alla base della pietà filiale è semplice. I genitori mettono al mondo i figli, danno loro cibo e vestiti, li educano. I bambini, per tutto ciò che ricevono dai loro genitori, hanno doveri eterni nei loro confronti. Hanno un debito verso di loro, un debito che non potrà mai essere completamente ripagato. L’unica cosa che i figli possono fare per ripagare almeno una piccola parte di questo debito è prendersi cura di loro durante la vecchiaia, renderli orgogliosi e felici, obbedire e servirli.

Credo che la gran parte degli occidentali non riesca a comprendere quanto estremo potesse essere il concetto di pietà filiale nella società cinese tradizionale, almeno secondo gli standard occidentali. Al fine di dimostrare questo aspetto, cito qui due storie antiche cinesi che spiegano l’etica della filialità.

La prima storia è tratta da 24 Exemplars of Filial Piety (二十四孝 -  èrshísìxiào), una collezione di racconti sulla pietà filiale redatto da Guo Jujing, uno studioso della Dinastia Yuan (1260 – 1368) originario della provincia del Fujian. La 13^ storia della raccolta narra di come un uomo, chiamato Guo Ju, seppellì vivo suo figlio affinché sua madre potesse mangiare.

Guo Ju era un uomo povero che si faceva carico della moglie, della madre e del figlio. Un giorno disse a sua moglie: “Siamo così poveri da non essere nemmeno in grado di mantenere mia madre. Inoltre, nostro figlio condivide il cibo con lei. Perché non seppelliamo il bambino? Possiamo averne un altro, ma se mia madre muore, non possiamo sostituirla.” La moglie non osò contraddirlo. Iniziò a scavare la fossa per il suo stesso figlio e improvvisamente trovò un vaso pieno d’oro nella terra, un regalo del Paradiso per il figlio filiale.

Il significato di questo racconto è chiaro. Nel  momento in cui ci si trova di fronte al dilemma di dover scegliere tra i genitori e il figlio (o la moglie, del resto), si devono sempre scegliere i genitori. Questo è il principio gerarchico della superiorità dell’anziano sul giovane. È compito dei figli prendersi cura dei genitori a qualsiasi costo, anche se ciò significa sacrificare i propri figli.

Il cibo non è l’argomento principale soltanto in questa storia. Infatti, lo si può trovare in molti, se non la gran parte dei racconti che trattano di filialità. La parola che sintetizza questo aspetto della pietà filiale è il verbo養/养 (yǎng), che significa “nutrire” o “allevare”. Nella cultura cinese, il cibo, come simbolo di cura parentale da una parte e come debito dei figli verso i genitori dall’altra, è un tema ricorrente nel rapporto genitori-figli. Per inciso, vorrei sottolineare che questi modelli di pietà filiale non dovrebbero essere liquidate come storie antiche. Hanno fatto e fanno tuttora parte dell’educazione dei bambini, sia nella Repubblica di Cina (Taiwan) sia nella Repubblica Popolare Cinese (Cina continentale), come dimostra l’edizione di Pechino del libro aggiornata di recente.

La pietà filiale nella cultura cinese: parte 2

Tradotto dall’inglese da: Claudia Ramonda

Fonte: The Greater China Journal, autore: Aris Teon 14/03/2016

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