Il mio viaggio in Russia: giorno 2

UN GIOIELLO IN MEZZO AL LAGO

Domenica, 29 luglio 2018

La luminosità dei raggi di sole che entravano dalla finestra della mia stanza mi svegliarono, la mattina seguente, facendomi credere che fossero circa le otto, ma buttando un occhio sul piccolo orologio con display digitale appoggiato sul cassettone in fondo al letto scoprii che erano soltanto le 4! Più tardi, dopo colazione, Nadezhda mi disse che potevo ovviare al problema delle notti bianche tirando giù la tendina della finestra. Peccato che fosse trasparante. Venni a sapere, in seguito, che ai miei compagni di viaggio fu offerta la stessa soluzione con lo stesso tipo di tendina.

Le preoccupazioni della sera prima ancora non mi avevano abbandonata e rimasi per un paio d’ore a guardare il soffitto  e a cercare di convincermi a prendere la cosa con uno spirito diverso, come mi era stato consigliato.

Nonostante adori abbandonare le abitudini italiane quando sono all’estero e immergermi completamente nel modo di vivere locale, anche per quanto riguarda il cibo, non credevo di essere già pronta per assaporare un’autentica colazione russa. Soprattutto dopo lo shock culturale del giorno prima che ancora stavo cercando di metabolizzare. Perciò, una volta messi da parte i miei pensieri negativi, decisi di fare come mi aveva detto Nadezhda la sera prima, ovvero come se fossi a casa mia.

Andai in cucina, accesi il bollitore come mi aveva mostrato, presi una tazza, una bustina di tè, dei biscotti e feci colazione, mentre lei ancora dormiva nella sua stanza. Una volta finito, ripulii tutto e rimisi la tazza al suo posto.

Nadezhda si svegliò più tardi verso le 8.30, quando ero già praticamente pronta nella mia stanza per uscire e le dissi che avevo già mangiato, ma lei insistette perché mangiassi ancora uno yogurt. Accettai. Mi offrì anche quattro banane da mangiare più tardi durante la nostra gita (“Per te e per i tuoi amici.”) e mi disse di riempire la mia bottiglietta al dispenser d’acqua posto sul pavimento della cucina. L’unica acqua potabile presente in casa. Prima che uscissi mi diede anche le chiavi di casa e mi spiegò come aprire e chiudere la porta. Detto così sembra che io sia un’idiota, ma in realtà la porta del suo appartamento doveva essere chiusa con una combinazione di due serrature diverse, che andavano sbloccate in ordine opposto a seconda che io stessi uscendo di casa o entrando.

Una galleria d'arte nei pressi di casa mia

Uscii, quindi, verso le 9.20 con una borsa che pesava a dismisura e percorsi il breve tratto di strada che separava il mio appartamento da quello di Serena, circa cinque minuti a piedi. Camminai lentamente nelle strade quasi deserte, eccezion fatta per qualche cane che gironzolava da solo, godendomi l’ambiente circostante.

L’incontro con il resto del gruppo e i nostri accompagnatori per la gita di quel giorno era fissato per le 11.45 davanti all’Enjoy Russian School, sul Prospekt Karla Marksa, la scuola dove avremmo frequentato il corso di russo per una settimana.

Tuttavia io e i miei compagni di corso decidemmo di incontrarci un po’ prima, per cercare in qualche modo di riuscire a prelevare dei soldi contanti da qualche parte, dato che alcuni di noi ancora non si erano procurati dei rubli. In realtà non è un grosso problema non avere del cash in Russia, perché si può tranquillamente pagare con carta praticamente ovunque. La stessa Alina, la nostra insegnante di russo all’Enjoy Russian School, ci disse, in seguito, che raramente i russi hanno denaro contante nei loro portafogli e sono più abituati a pagare con carta anche quando si tratta di piccole cifre. Anzi, molto spesso, i negozi accettano solo carta, dal momento che non dispongono di contante per dare il resto, come capitò a noi in un paio di occasioni.

Incontrai Serena e Lorenzo sotto l’appartamento di Serena e poi, insieme, ci dirigemmo verso il centro commerciale Tetris, dove ci stava aspettando Giulia.

Passeggiammo in giro per la città, in cerca di sportelli bancari all’interno di centri commerciali o fuori dalle banche. Chiedemmo anche informazioni a un agente di polizia e a una coppia di russi che sembravano più spaventati loro di parlare con noi che viceversa, ma senza successo. Era domenica e avremmo dovuto aspettare il giorno dopo, perciò ci recammo all’appuntamento con un nulla di fatto.

La nostra accompagnatrice ci fece strada fino al lago dove salimmo sull’aliscafo che, in un’ora e mezza, ci avrebbe portato all’isola di Kizhi. Il lago Onega è talmente grande che per buona parte del tragitto non vedemmo altro che acqua fino all’orizzonte, ma quando ci avvicinammo alla nostra destinazione fummo circondati da un meraviglioso arcipelago di isole.

Arrivammo a Kizhi intorno alle 14 e subito iniziò il nostro giro turistico. La nostra guida era Yurgen, un simpaticissimo ragazzo mezzo russo mezzo finlandese che parlava un perfetto inglese.

La chiesa dell'Intercessione

L’isola di Kizhi è stata inserita nell’elenco dei “Patrimoni dell’Umanità” nel 1992 ed è considerata uno dei capolavori dell’architettura lignea russa.  Praticamente un museo a cielo aperto, è lunga circa 7 km e larga mezzo e consiste in un insieme di chiese, cappelle e case in legno. Come ci disse Yurgen, davanti alla prima tappa del tour (la maestosa chiesa della Trasfigurazione e quella accanto, più piccola, chiamata chiesa dell’Intercessione), la particolarità di queste costruzioni è la totale assenza di chiodi o altri metalli di giuntura. Trovarsi di fronte a strutture risalenti al 1700 e costruite soltanto con un sistema a incastro di travi fu alquanto sbalorditivo, considerando il fatto che, come ci fu detto, furono edificate da abitanti del posto che di architettura non ne sapevano assolutamente nulla.

Per nostra sfortuna, in quel periodo la chiesa della Trasfigurazione, la più grande e più importante dell’isola, era in ristrutturazione. Pertanto non potemmo visitarla all’interno, né ammirare le sue 22 cupole.

Una donna in abiti tradizionali confeziona prodotti locali

Sull’isola si trovano anche mulini a vento, saune, granai e case al cui interno sono esposti oggetti di uso comune che mostrano come viveva la gente del posto nel XIX secolo. All’esterno di alcune strutture, donne in abiti tradizionali fabbricavano piccoli oggetti in legno o altro materiale, dalle statuette alle collane ai cestini.

Yurgen ci disse anche che a Kizhi furono girate alcune scene del film Anna Karenina del 2012 e scherzò sul fatto che, essendo guida turistica dell’isola, per poco non finì nelle riprese insieme con l’attrice protagonista, Keira Knightley.

Io, nel frattempo, ero talmente su di giri e sconvolta da tutta quella bellezza che avrei voluto gridarla al mondo intero e ringraziai di cuore la nostra docente per averci fatto conoscere una tale meraviglia.

L’ultima tappa del giro dell’isola fu l’interno della chiesa dell’Intercessione con le sue stupende icone ortodosse dai colori caldi che ricoprivano i muri interamente. Erano quasi le 16 e finalmente potemmo mettere qualcosa sotto i denti. Tornammo verso il porto dove si trovavano alcuni negozi di souvenir e un ristorante, anch’essi costruiti sullo stile del resto delle costruzioni del sito turistico.

Negozi di souvenir

Avevamo un paio d’ore di tempo libero prima dell’aliscafo di ritorno, verso le 18. Mangiammo e curiosammo un po’ nei negozi di souvenir, dove dovetti trattenermi dal comprare ogni cosa. Foulard, matrioske, souvenir in legno di berioza (betulla) e statuette di shungit, il minerale nero dalle proprietà benefiche, tipico della Carelia.

Al chioschetto delle cartoline, chiacchieravo in italiano con i miei compagni, sicura che tanto nessuno avrebbe capito nulla e potevamo stare tranquilli, ma quando chiesi al venditore “Skol’ko stoit otkrytku?” (Quanto costa una cartolina?), quello mi rispose “Venticinque rubli”, in italiano! Io dissi “A ok, venticinque ru…”. Poi mi resi conto e rimasi a guardarlo letteralmente con gli occhi spalancati come un ebete per un bel po’, prima di riuscire a dire “Lei parla italiano??”. Mi rispose che con il lavoro che faceva, nel tempo, aveva imparato diverse lingue: inglese, spagnolo, francese e italiano. Mi sconvolse, comunque, la quasi totale assenza di accento straniero.

Verso le 18 ripartimmo con l’aliscafo verso Petrozavodsk e arrivammo in città alle 19.30 circa. Dal porto, troppo stanchi per fare altro, andammo direttamente ai nostri appartamenti a piedi, un percorso di circa 40 minuti.

Quando arrivai a casa non c’era nessuno, ma dopo dieci minuti ritornò Nadezhda con Vladimir, suo marito, di ritorno dalla dacia, la casa di campagna dei russi.

Piroshki e tè bollente

Cenai con loro e mangiai dei deliziosi piroshki con pesce e fette di cetrioli non condite, che gradii particolarmente in quanto molto dissetanti. Il tutto accompagnato da una tazza di tè nero bollente. Conversai un po’ con loro esprimendo, per quanto potevo, il mio entusiasmo per la gita di quel giorno e mostrai loro le foto che scattai.

Finita la cena, mi alzai per aiutare a sparecchiare, ma mi venne detto fermamente da Nadezhda che ci avrebbe pensato lei. Perciò, anche se mi sentivo una maleducata a lasciare tutto sul tavolo, ringraziai, augurai la buonanotte a entrambi e andai a dormire, ansiosa di partecipare alla nostra prima lezione di russo in terra straniera il giorno dopo.

To be continued…

comments powered by Disqus